Lo Stemma Comunale

D’azzurro, inquartato: il primo ed il quarto al crescente d’argento, il secondo ed il terzo alla testa di moro con due anelletti pendenti uno dal naso e l’altro dall’orecchio.


Lo stemma di Brossasco - Una storia curiosa

Lo stemma e il gonfalone sono i simboli ufficiali di un Comune.

Lo stemma comunale di Brossasco è l’unico, in tutta la Valle Varaita, che richiama il tempo dei saraceni, con le due lune crescenti e le due teste di moro.
Intorno all’anno mille i Saraceni, partendo dalla baia di La Garde Freinet, vicino Nizza (Francia), occuparono e si stabilirono in vasti territori del sud Piemonte, compresa la Valle Varaita. La loro cacciata definitiva avvenne tra il 970 e il 973, ma ancora oggi in alcuni Comuni della Valle, e di valli vicine, la tradizione fa rivivere nelle “badie” il ricordo del loro dominio.
Per questi motivi si potrebbe pensare che lo stemma di Brossasco sia d’origine molto antica e che, per il fatto di richiamare l’epoca dei saraceni, affondi le sue radici in tempi assai remoti.
Invece, la concessione dello stemma e del gonfalone al comune di Brossasco, da parte del presidente della Repubblica, risale a un tempo molto vicino a noi, al 15 ottobre del 1962, e la storia di come si è giunti a adottarli è assai curiosa…

 

La concessione dello stemma
 
Documenti certi provano che l’attuale stemma di Brossasco con le lune e le teste di moro esisteva già nel 1930, ma curiosamente, dal 1949 al 1962, venne sostituito da un altro stemma raffigurante una torre con due leoni rampanti.
Questo avvenne a causa della scarsa sensibilità e attenzione degli amministratori dell’epoca, poco interessati al gonfalone e allo stemma comunale. Nei primi anni del dopoguerra c’erano priorità ben più urgenti di cui occuparsi.
Negli anni seguenti, la questione dello stemma rimase accantonata, sennonché, nell’ottobre del 1959, giunse in Municipio una lettera dello Studio Araldico di Genova che proponeva al comune di acquistare il gonfalone: «Tale segnalazione vi giungerà gradita, poiché il Comune, con una spesa modica, sarà orgoglioso di figurare decorosamente nelle cerimonie e riunioni nazionali tra gli altri Comuni già dotati di questo simbolo araldico».
Lo stemma già ce l’abbiamo – avranno pensato sindaco e assessori – Ci manca il gonfalone da esibire nei momenti ufficiali. La spesa è modica, poche decine di migliaia di lire, facciamola una buona volta e non se ne parli più.
Ma non subito, di soldi in bilancio per l’anno in corso non ce n’erano abbastanza.
Passarono alcuni mesi. Domenica 27 marzo 1960, alle nove del mattino, si riunì il consiglio comunale. Il sindaco, che sarebbe rimasto in carica fino all’aprile successivo, era Domenico Dalbesio di Combasse. Col sindaco erano appena in otto su quindici i consiglieri presenti, verbalizzava la seduta il segretario comunale Battista Rocca.
Tra i punti all’ordine del giorno, il Consiglio dovette esprimersi anche sulla proposta d’acquisto del gonfalone. «Il comune di Brossasco – recitava infatti la delibera – non è ancora in possesso di un gonfalone municipale, che è indispensabile necessità per le innumerevoli manifestazioni alle quali l’amministrazione comunale non può non prendervi parte.
E l’anno successivo – essi sapevano bene – sarebbe caduta una ricorrenza importantissima: il centenario dell’Unità d’Italia.
Il sindaco Dalbesio informò i presenti dei preventivi richiesti alle ditte Ica di Cuneo (98 mila lire comprensivi di cassetta in legno per la custodia) e allo Studio Araldico di Genova (46 mila lire).
L’offerta più conveniente era quella di Genova, ma il Consiglio, con voto unanime, scelse l’altra «perché il Gonfalone è confezionato in seta moella doppia e tutto ricamato e non solamente riprodotto a colori indelebili su drappo di seta come specificato dallo Studio Araldico di Genova».


Nuovo gonfalone e nuovo sindaco


Qualche settimana dopo si svolsero le elezioni e il sindaco Dalbesio uscì di scena. Nell’autunno dello stesso anno fu inaugurata la nuova scuola comunale. Alla cerimonia del taglio del nastro si presentò il nuovo sindaco, il maniscalco del paese Antonio Beltramone, con il nuovo e fiammante Gonfalone, in seno al quale spiccava lo stemma del Comune: la torre e i due leoni.
Ogni cosa appariva al suo posto, invece non era così.
Qualche tempo dopo, infatti, il neo sindaco venne a sapere, con gran sorpresa, che lo stemma del Comune non era autorizzato. A dirglielo, anzi, a scriverlo, era lo Studio Araldico di Genova.
Questo Studio, tra l’altro, svolgeva pratiche araldiche in favore dei Comuni, e in quegli anni aveva molto lavoro. Infatti, in quei tempi, non tutti i Comuni d’Italia avevano un regolare stemma, che si otteneva soltanto con un decreto della presidenza del consiglio dei ministri, ed era lo Studio Araldico ad occuparsi delle pratiche.
Brossasco era convinta di avere lo stemma, quello con la torre e i leoni, avendone fatto richiesta già nel 1949 con la consulenza dello stesso Studio di Genova, ma Beltramone scoprì, suo malgrado, che la lettera non era mai arrivata a Roma, si era persa da qualche parte, o forse qualcuno aveva dimenticato di spedirla. E senza quel decreto il Comune non era autorizzato ad usare lo stemma.
Di chi era la colpa? Era inutile indagare, bisognava ricominciare da capo la pratica araldica per il riconoscimento dello stemma, accollandosi una spesa non da poco. Un piccolo fastidio per un sindaco già alle prese con tanti altri problemi.
Nell’ottobre del 1961 Beltramone ruppe gli indugi e affidò nuovamente l’incarico allo Studio Araldico di Genova, il cui direttore si chiamava Adriano Guelfi Camajano.
Guelfi Camajano era un uomo abile nel suo mestiere, pignolo, ma corretto. E si faceva pagare bene.
Il suo lavoro consisteva nell’effettuare ricerche storiche e araldiche sui suoi clienti, il suo studio preparava documenti, domande fac-simile, in duplice copia.
Per le ricerche araldiche e storiche di Brossasco e per la predisposizione delle lettere da inviare a Roma egli chiese 24.500 lire, 35 mila lire se in duplice copia.
I suoi preventivi erano veri salassi per le esangui casse comunali, ma con Beltramone trovò pan per i suoi denti. Da buon commerciante il giovane maniscalco chiese sconti e tagli di copie inutili, e il direttore dello Studio cedette, da 35 mila lire scese a 19.500.
Uno stemma è da buttare
Ma a questo punto un’altra tegola cadde sulla testa del sindaco: il 26 ottobre Guelfi Camajani lo informò di aver scoperto che lo stemma di Brossasco non era quello con la torre e i leoni rampanti, ma un altro.
«Ho il pregio di comunicarvi di avere eseguito la ricerca araldica, in favore di Brossasco, ma lo stemma esistente in una pubblicazione della biblioteca civica del Capoluogo “I Comuni della provincia di Cuneo” è molto differente da quello che figura nella carta intestata di Codesto Comune. Infatti l’Arma Civica conservata nella pubblicazione cennata è, come, uno inquartato: nel 1° e nel 4° abbiamo due lune d’argento, nel 2° e nel 3° due teste di moro al naturale, con anelli d’oro al naso e agli orecchi, il tutto in un presunto campo d’azzurro».
Al sindaco già girava la testa. A questo punto Guelfi Camajani propose di buttare lo stemma della torre e utilizzare quello con le lune e i mori. E, dulcis in fundo, comunicò che il prezzo a questo punto risaliva a 24.500 lire.
Beltramone, ben poco entusiasta, propose a Guelfi Camajani di portare avanti la pratica con lo stemma della torre, il cui bozzetto colorato era stato disegnato già nel 1949 dallo stesso Studio.
Scrisse il sindaco: «Non riesco a comprendere come mai la storia araldica dello stemma di questo Comune, attualmente debba essere differente da quella, a suo tempo fatta – anno 1949 – da Codesto spettabile studio Araldico». E aggiunse: «Un nuovo stemma municipale arrecherebbe un grave disagio, perché questo Comune è in possesso di tutti i bolli tondi, carta intestata, delibere, eccetera e del Gonfalone municipale con lo stemma civico attualmente in uso».
Se non potete procedere con la torre – minacciò l’irritato Beltramone – mi troverei, mio malgrado, nella necessità di revocarvi l’incarico.
La risposta di Guelfi Camajani fu pacata e non lasciò scampo: «Caro sindaco – egli disse in sostanza - lo stemma della torre lo avevamo inventato noi nel 1949, perché non eravamo a conoscenza che ne esistesse già un altro, e neanche voi ce lo avevate detto. Ora che abbiamo accertato l’esistenza dello stemma con le lune e i mori dobbiamo procedere con questo, perché da Roma potrebbero fare dei controlli».
Beltramone alzò bandiera bianca, ma si preoccupò: i timbri e la carta intestata si possono cambiare, ma il Gonfalone porta ricamato al centro lo stemma della torre. E scrisse a Guelfi Camajani: «Credo che la sostituzione dello stemma in questione sul Gonfalone sia difficile, perché lo stemma stesso è stato ricamato».
«Si può fare – rispose Guelfi Camajani – ma vi costa 15 mila lire».
«C’è ancora un problema – scrisse ancora Beltramone – la lancia in ottone del Gonfalone riproduce il vecchio stemma del Comune».
«Non può essere corretta – rispose Guelfi Camajani – poiché è incisa sull’ottone. Sostituirla vi costerebbe altre 15 mila lire, ma ritengo la spesa non necessaria in quantoché il piccolo stemma non si vede».
A questo punto il gonfalone venne spedito a Genova per le modifiche.
Seguì un fitto e snervante carteggio tra il titolare dello Studio genovese che sollecitava i pagamenti e sollevava altre questioni sui colori del gonfalone e il sindaco maniscalco che lamentava prezzi troppo alti. Non trovando un accordo, alla fine Beltramone si fece rispedire il gonfalone.
Il 18 febbraio 1962 il Comune poté finalmente inviare a Roma tutta la documentazione necessaria all’ottenimento del decreto presidenziale.
Guelfi Camajani lamentò più volte per iscritto di non essere ancora stato pagato, Beltramone rispose che lo avrebbe fatto ad ottenimento del decreto.
Il 15 di ottobre 1962, dopo tanto penare, Brossasco ottenne il decreto ed ebbe finalmente il suo stemma.
Beltramone era contento. Nell’aprile dello stesso anno aveva ricevuto dalla Camera di Commercio la conferma che il vecchio stemma del comune di Brossasco, pubblicato già nel 1930 nella Guida della provincia di Cuneo, era quello con le lune e i mori.
Guelfi Camajani aveva ragione.
Nel dicembre 1963 il Consiglio comunale ordinò un nuovo gonfalone col nuovo stemma all’Ica di Cuneo, per una spesa di 130 mila lire.
Nel 1964 a Brossasco nuovi falegnami e scultori del legno erano all’opera; il boom economico e un sistema più innovativo di lavorare il legno stava per cambiare il volto del paese. A ottobre di quell’anno il Comune affidò a un giovane scultore l’inquadratura dello stemma e del gonfalone del Comune e relativo decreto del presidente della Repubblica mediante “cornice di legno sagomata in stile “700” con sopra sculturato emblemi dello stemma, con sfondo di velluto rosso e vetro”. Prezzo complessivo per tre riquadri 50 mila lire”. Quell’artigiano era Alberto Rinaudo.

 

 

 

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